Approfondimento

Approfondimento

Educazione socio-affettiva del minore - Il crogiolo familiare

Indice articoli

 

Il crogiolo familiare

L'adulto ha costruito la sua componente socio-affettiva nella famiglia a partire dalla prima infanzia e l'ha elaborata nelle età successive. Questa è una dimensione che esige un apprendimento costante e senza tempo perché continuiamo a costruire la nostra dimensione affettiva sino alla tarda età. Nella famiglia ciascuno di noi ha imparato ad avere emozioni, a dominarle, a condividerle, ma gli apprendimenti socio-affettivi dell'infanzia sono semi-permanenti e condizionano gli apprendimenti successivi. Nella famiglia abbiamo anche appreso la nostra dimensione, i nostri bisogni affettivi, come manifestarli, come leggere le emozioni negli altri e come prevedere le nostre e le altrui reazioni8.

Ormai molti lavori dimostrano che il modo in cui i genitori gestiscono i loro sentimenti reciproci e il modo in cui si relazionano con i bambini hanno conseguenze profonde e durature per la loro vita emotiva. I figli sono estremamente attenti alle emozioni, ai comportamenti e ai sentimenti espressi e inespressi dei genitori: sono attenti a interpretarli, a confrontarli con la realtà e con gli altri. Sono attenti a farne modelli da acquisire o modelli da rifiutare. Questo atteggiamento è proprio dell'adolescenza quando il crogiolo familiare viene messo in discussione sovente determinando un ribollire agitato fintanto che non prende il sopravvento la singola personalità autonoma dei figli.

I comportamenti inadeguati più comuni dei genitori sono:

a) Ignorare i sentimenti, le emozioni dei figli. Questo comportamento è sbagliato perché non permette di avvicinarsi al bambino per aiutarlo ad apprendere le competenze emozionali. Il bambino tenderà a ritenere non importante il suo aspetto emozionale avviandolo ad un silenzioso e depressivo inaridimento del profondo delle sue qualità che potranno portarlo a uno scollegamento con il mondo che lo circonda. Nel bambino accolto questo aspetto è particolarmente significativo poiché può essere già presente a causa del comportamento della famiglia di origine (e allora è necessario svolgere un programma di rieducazione ai sentimenti, alle emozioni personali ed altrui), oppure è indotto dalla famiglia accogliente (capita raramente, ma capita). In quest'ultimo caso difficilmente la famiglia si accorge di questo suo comportamento: è solo il confronto con altre famiglie che le permette di rilevarlo.

b) Assumere un atteggiamento troppo incline al lasciar fare. Il lasciar fare non è una astuta soluzione per avviare il figlio all'indipendenza: è un non curarsene di metodo. I lasciti di questo comportamento sono sempre devastanti a lungo termine determinando nel figlio una valutazione negativa del genitore inaccudente e determinando una non presa di valore della propria tempesta emotiva come valore anche per gli altri. Nel bambino accolto questa situazione può essere determinata dalla famiglia di origine. Se è piccolo si potrà correggere questa inclinazione, se è grande è più difficile e bisogna spendere energie e attenzione per rimuovere quanto è possibile questo fattore non costruttivo. Nel caso in cui sia la famiglia accogliente ad avere l'atteggiamento di lasciar fare, il problema è grave anche se apparentemente non sembra accadere nulla. Il bambino viene già da una situazione di inaccudenza, di distacco, pensare di correggere questo handicap con il lasciar fare è colpevole. Una colpevolezza che si basa su un comportamento di irresponsabilità verso la loro funzione e soprattutto verso il futuro formativo del figlio accolto.

c) Essere sprezzanti. Questo comportamento è anch'esso sempre deleterio perché mina la costruzione dell'autostima del bambino e soprattutto determina in lui il non rispetto dei sentimenti altrui. Trattare il bambino accolto con sprezzo, con distanza, con ipercritica è quanto di peggiore si possa fare.

Cercare di prendere sempre sul serio il bambino è l'atteggiamento giusto soprattutto per comprendere i suoi motivi di entusiasmo e di turbamento e per tentare di aiutarlo a trovare un lato positivo per affrontare il problema senza arrabbiarsi troppo. Di fronte ad una arrabbiatura verso un compagno violento è bene cercare di avviarlo a risolvere il problema con altri mezzi che non sia una baruffa: educarlo alla dialettica e al governo delle emozioni senza reprimerle, ma senza lasciare che esse divengano incontrollabili.

I genitori devono favorire la crescita emotiva dei figli come un allenatore favorisce la crescita sportiva di un atleta. Per svolgere questo compito devono essere genuinamente essi stessi (l'empatia non si può trasmettere se non la si pratica) e devono avere una buona esperienza di relazione umana con i propri figli. Devono essere capaci di insegnare ai figli le differenti sfumature tra i sentimenti e a farli vivere senza reprimerli entro se stessi (non si è forti perché non ci si emoziona). Si deve far conoscere loro l'emozione e la felicità degli affetti, ma anche l'interiorità della tristezza e della malinconia e della nostalgia. Sono mille le occasioni in una famiglia per gioire assieme di eventi dell'uno o dell'altro e altrettanti gli episodi in cui ci si raccoglie nella tristezza riflessiva, nel ricordo struggente, nella speranza del vivere attivo. Anche la collera, che ogni tanto ci colpisce, è una manifestazione positiva, è il segno della sofferenza altrui che si rivolge verso l'esterno, che richiede comprensione e contenimento. Educare ai sentimenti non significa covarli sotto la cenere, ma abituarsi a manifestarli a renderli partecipativi all'altro nella condivisione del vivere.

Si deve anche considerare che non è opportuno rinviare certi insegnamenti emotivi a quando i figli saranno grandi. L'educazione ai sentimenti non è l'educazione alla sessualità che deve essere appresa al tempo opportuno. L'empatia la si apprende già nei primi mesi di vita e l'intelligenza emotiva si presenta vivida già nei primissimi anni di vita. Le capacità socio-affettive che i ragazzi acquisiranno più tardi andranno ad aggiungersi a quelle che già si sono apprese prima senza operare grandi sostituzioni, ma implementando e rimodellando quanto appreso nelle età giovanili.

Prendiamo ora in considerazione l'importanza dell'educazione socio-affettiva in due situazioni. La prima riguarda il successo formativo e la seconda l'appartenenza di un figlio accolto alla nuova famiglia. Sono due punti chiave nella formazione personale per i quali l'azione dei genitori è fondamentale.

Il successo formativo. Il successo scolastico, come quello nella vita, non è un fatto “tecnico” di somma di conoscenza, ma di capacità di acquisire conoscenze in modo flessibile e con alta motivazione e passione interiore. Queste sono qualità che vengono acquisite in massima parte in modo imitativo vedendo come gli altri si comportano e quindi in massima parte sono acquisite nella famiglia. Per questo è utile che il genitore abbia la consapevolezza di costituire un modello con il quale il figlio si confronterà. Se il genitore trasmetterà sicurezza, ponderazione, capacità riflessive, ma anche passione, impegno familiare e civile, il figlio non potrà che porsi in modo da valutare quanto questi comportamenti siano adatti alla sua personalità.

Troppo spesso questo genere di argomenti si concludono con un “sono fatto così” che è una posizione di arroccamento per non essere scalfiti da quanto gli altri ci dicono. L'empatia è esattamente l'opposto, è l'aprirsi all'altro con positività per accoglierne le osservazioni e per meglio sostenere le proprie convinzioni. Concludendo i bambini che hanno genitori capaci di essere allenatori emotivi saranno bambini con grandi vantaggi sociali.

Il successo del bambino a scuola dipende dalla più fondamentale di tutte le conoscenze: il come imparare. I sette fondamenti di come imparare sono determinanti socio-affettivi: fiducia, curiosità, intenzionalità, autocontrollo, connessione, capacità di comunicare, capacità di cooperare. Sono tutte qualità che il genitore dovrebbe cominciare ad infondere nel bambino già prima che arrivi alla scuola, e sono qualità che il genitore deve far coltivare al bambino durante tutta la sua scolarità (sono importanti anche per avvicinarsi allo studio universitario). Questi sono infatti i fattori emotivi fondamentali per governare le fasi di passaggio (da una scuola all'altra, da una età all'altra) e le fasi di rafforzamento dell'impresa di accoglienza avviata. È inutile dire “devi studiare di più” ad un bambino che non ha voglia di studiare! Si deve invece agire mediante questi sette fattori emozionali per cercare lo “spillo” che gli impedisce di studiare. Rimosso lo spillo il bambino riprenderà a studiare perché sentirà la gratificazione in quello che fa. Si deve riconoscere che la difficoltà è proprio nel trovare lo spillo che talora è nascosto da un vero pagliaio di turbamenti e di pensieri annodati in continua evoluzione.

L'appartenenza familiare. È questo un punto più sfumato, fatto più di modi di sentire che di fatti materiali. Tuttavia, la sua evidenza non si basa su discorsi di filosofia, ma su risposte concrete legate al modo di vivere del bambino con i componenti della famiglia. L'appartenenza familiare non ha nulla a che fare con quel che si dice la “riconoscenza”, anzi è lontana da espressioni che abbiano anche il minimo valore di ”restituzione”. Nell'accoglienza non vi è nulla da restituire perché per sua natura deve essere gratuita. L'appartenenza familiare è un sentimento che accomuna la famiglia nel sentire e nel percepire e nell'interpretare il mondo lasciando libera e valorizzando la dimensione personale. L'appartenenza mantiene unito anche chi è diverso, chi la pensa in modo diverso e chi vive in modo diverso, perché nell'appartenenza è insita l'accoglienza del diverso. Riuscire a trasmettere ai propri figli, naturali o accolti, questo modo di sentire è il massimo di eredità che un genitore possa dare.

gea 200x120 blue

La GEA Società Cooperativa Sociale è una Cooperativa Sociale di tipo “A” (L.381/91), finalizzata alla gestione dei Servizi Socio – Sanitari ed Educativi.
Nasce a Bari–Palese nel giugno 1984 e nei diversi anni di attività ha sviluppato nell’ambito dei territori d’intervento, una rete socio–assistenziale ed educativa territoriale, sia con ...
Leggi tutto...