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Educazione socio-affettiva del minore - Il disagio affettivo nell'adolescente

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Il disagio affettivo nell'adolescente

Nell'area del normale sviluppo adolescenziale si considera fattore di crescita il disagio esistenziale che colpisce il giovane soprattutto nell'età compresa tra i 15 e i 18 anni. Il disagio endogeno ha origini nei mutamenti psicofisici che si susseguono nel giovane di cui egli stesso ha percezione osservando il proprio corpo e osservando il mutare dei suoi pensieri e delle sue emozioni. Il disagio esogeno è quello determinato nel constatare un ambiente, ora accogliente, ora respingente, nel quale deve confrontarsi per averne accettazione. Questo disagio determina una diversa relazione familiare e una diversa relazione tra pari che in una sorta di doppio specchio vede riflesso se stesso e come pensa che gli altri lo vedano. Potremo definire questo ambito come quello di normale sviluppo fisiologico.

A questa si contrappone un'area definita pseudo-patogena che comprende comportamenti attivi e subiti tutti di segno negativo: devianza, emarginazione, disadattamento, disagio cronico. La devianza è un comportamento di accentuata gravità che viola le regole normative, le intenzioni e le attese dei sistemi sociali. Con emarginazione si intende il discostarsi accentuato del giovane da un contesto sociale che lo vede elemento passivo. Anche in questo caso si dovrebbe fare una valutazione attenta per soppesare l'emarginazione indotta dal contesto e l'emarginazione indotta dal giovane stesso5.

Il disadattamento è un comportamento sociale in cui si sottolinea la matrice attiva di reazione al contesto, più che un disadattamento esogeno imposto da contesto di vita del giovane. Si è disadattati perché non ci si conforma alla realtà generando un proprio malessere. Il disagio adolescenziale cronico è riferibile ad una intensa e specifica incapacità a rispondere ai compiti propri dell'età ed è legato all'interazione di fattori di rischio individuali e locali che si innestano sulle manifestazioni di malessere endogeno ed esogeno propri dell'adolescenza.

Nel minore accolto possono essere presenti stati d'animo che portano a situazioni in cui si accentua l'emarginazione, il disadattamento e il disagio. Chiaramente il minore accolto nella prima infanzia ha maggiori possibilità di entrare in un dialogo comunicativo con la famiglia accogliente, mentre l'adolescente maltrattato, con un passato di violenza subita e praticata, ha maggiori difficoltà ad accettare quanto la famiglia accogliente propone come modello e come regola comportamentale.

Tutto questo fa dire che l'accoglienza di un preadolescente è difficile. Questo non significa che sia impossibile, ma solo che la famiglia accogliente e i Servizi devono essere preparati ad affrontare i problemi che si porranno. L'affido o l'adozione di un adolescente sono condizionati dal livello di preparazione, dal livello di impegno e dal livello di depauperamento subito dall'adolescente prima di essere accolto.

Per la famiglia accogliente è una sfida alla propria compattezza, al proprio orgoglio, al proprio saper fare e saper voler bene. Per il servizio psicosociale è una sfida alla capacità e all'impegno professionale. Una sfida a rischio di insuccesso sul piano personale di famiglia e servizi, ma non è detto che in tal caso sia totalmente negativa per l'adolescente stesso. Quale altra occasione avrebbe il minore di avere un imprinting costruttivo? Quello dell'abbandono in qualche struttura spersonalizzante?

Possiamo indicare in cinque i comportamenti di disagio prevalenti:

1. Disconnessione. Si basa sul disagio che nasce nelle famiglie che hanno una disconnessione con il mondo reale. In esse è debole la relazione sociale sia al proprio interno che con la realtà esterna. È frequente nelle famiglie di origine, ma si può verificare anche nelle famiglie accoglienti (si verifica in alcune case famiglia con forte impronta confessionale, ad esempio) troppo chiuse nel loro mondo utopico di distacco dalla realtà che l'adolescente deve affrontare. Ha come conseguenza la chiusura al mondo.

2. Iperadeguamento. Riguarda l'atteggiamento di iper adeguamento al contesto esterno che diviene di riferimento assoluto del vivere. È la situazione in cui fiorisce l'iperconsumismo degli oggetti socialmente irrinunciabili. Questo disagio è tipico di chi ha difficoltà di interazione sociale e finisce con accettare solo valori parziali, precari ed effimeri. In questa trappola sociale cade spesso la famiglia d'origine che regala ai bambini oggetti stereotipi del marketing televisivo, ma si verifica anche in alcune famiglie accoglienti che sommergono con la loro disponibilità di beni materiali i bambini con il rischio di seppellire sotto questa abbondanza i problemi della quotidianità di relazione6. Ha come conseguenza l'identificarsi in mode, in stereotipi che limitano l'acquisizione di una identità propria.

3. Disadattamento. È rappresentato da difficoltà che intervengono nei processi di crescita per la presenza di relazioni inadeguate. Si verifica sia in famiglia di origine che in famiglia accogliente, ma anche nel gruppo dei pari nell'infanzia e nell'adolescenza. Sostanzialmente possiamo definirla come una mancanza di sintonia o come un suonare stonato. Ha come conseguenza reazioni sociali inadeguate.

4. Forza fisica e seduzione. È il disagio creato dall'uso improprio di alcuni strumenti tipici della sfera maschile e femminile. Solitamente nasce da situazioni vissute nella famiglia di origine. Nei maschi il ricorrere alla forza fisica per risolvere i problemi è frequente ed è dovuto a modelli intrafamiliari o a modelli assunti nel gruppo dei pari. La seduzione femminile è parimenti una componente frequente nell'adolescenza in cui le ragazzine esercitano gli strumenti propri della femminilità. L'uso improprio è solitamente generato da un vissuto di sensibilizzazione. Ha come conseguenza comportamenti antisociali, ma anche comportamenti rivolti verso la stessa persona (depressione, disturbi alimentari, l'ansia e le fobie sociali).

5. Trasgressione. Si riferisce alla propensione al rischio all'interno dei gruppi giovanili di comportamenti che comportano danni alla salute e alla sicurezza di se stessi o di altri. Nell'adolescenza la trasgressione ha un fascino molto grande. La trasgressione individuale e familiare nasce dal voler porre in discussione il modello presentato dalla famiglia accogliente, talora anche rivedendo con fascino le disarmonie vissute nella famiglia di origine. Questo è un momento certamente delicato per le famiglie accoglienti. Oltre a questo tipo di trasgressione, esiste anche la ribellione ad un modello sociale che si vuole mutare alla ricerca di una collocazione della propria identità. In questo campo la famiglia accogliente ha di solito strumenti validi per guidare l'adolescente facendo leva sugli affetti e sull'appartenenza che dovrebbero essersi instaurati. Se così non accadesse significa che il trapianto non si è ben realizzato7. Ha spesso come conseguenza "comportamenti a rischio" quali l'uso di sostanze psicotrope, fumo o alcol, la mancanza di pianificazione e sicurezza nell'ambito dei rapporti sessuali, la dedizione ad una dieta squilibrata, la violazione delle regole stradali. L'insieme di questi comportamenti significa la degenerazione verso anomalie sociali sistemiche e croniche.

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La GEA Società Cooperativa Sociale è una Cooperativa Sociale di tipo “A” (L.381/91), finalizzata alla gestione dei Servizi Socio – Sanitari ed Educativi.
Nasce a Bari–Palese nel giugno 1984 e nei diversi anni di attività ha sviluppato nell’ambito dei territori d’intervento, una rete socio–assistenziale ed educativa territoriale, sia con ...
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