Approfondimento

Approfondimento

Gli attori dell'Accoglienza - Quinto attore: la coralità, famiglie che aiutano famiglie

Indice articoli

Quinto attore: la coralità, famiglie che aiutano famiglie

Con questa espressione si intende una famiglia (tutrice) che aiuta una famiglia in difficoltà. Sul piano etico e psicosociale presenta alcuni vantaggi e alcune difficoltà operative. Il vantaggio è costituito dal fatto che la famiglia in difficoltà può mantenere la sua unità ed i minori possono essere aiutati a crescere nel loro contesto familiare. Inoltre, ha il vantaggio di stabilire (teoricamente) un legame forte e permanente tra le due famiglie; ha anche il vantaggio di essere economicamente meno parcellizzato e più facilmente gestibile da parte dei servizi sociali. Presenta tuttavia lo svantaggio di un forte ed impegnativo carico da parte della famiglia tutrice e un presupposto di solidarietà molto alto sul piano individuale e sociale.

Altre difficoltà sono legate alla effettiva accettazione da parte della famiglia in difficoltà di avere una famiglia tutrice che la segue. Potremmo dire che il presupposto di partenza è molto coinvolgente, ma inevitabilmente si scontrerà con un quotidiano molto complesso dove il riconoscimento del ruolo della famiglia tutrice è alquanto difficile, sia da parte della famiglia in difficoltà, sia da parte del servizi sociali. Essendo il presupposto buono e di possibile percorrenza, bisogna valutare quanto tutto questo entra nelle logiche comportamentali di famiglie e servizi coinvolti.

Appare indubitabile che, come per altre forme di accoglienza, non si può pensare che questa formula sia valida per tutte le situazioni, ma potrà essere una soluzione ottimale per alcuni casi che non trovano soluzione nell'accoglienza per adozione e per affido. Anche per la modalità di accoglienza sociale espressa da famiglie che aiutano famiglie si deve partire dai fondamenti teorici e sperimentali e non dare luogo a situazioni improvvisate.

Recentemente lo spunto metodologico del Marlborough Family Service di Londra ha trovato applicazione in varie forme e tra queste quelle di maggiore concretezza si sono sviluppate dapprima in Piemonte per poi trovare applicazioni e consensi anche in altre regioni del Nord Italia. È una forma che si presta teoricamente alla soluzione di molti problemi coinvolgendo sia i servizi sociali, sia altri gruppi di volontariato che agiscono nel sociale. Come è naturale trovano maggiore applicazione nei centri metropolitani dove sia domanda che offerta trovano una sufficiente risposta numerica da riuscire ad organizzare un servizio congruo. Nelle aree più piccole la domanda non raggiunge un limite di utilità tra costo e beneficio, tenuto anche conto che nei piccoli centri l'offerta, ovvero le famiglie disponibili a questo tipo di accoglienza si riducono alquanto e risultano sparse in un territorio più ampio (in genere a livello provinciale) e questo non aiuta la logistica della gestione del sistema.

Le esperienze condotte in Italia hanno come base comune famiglie multi-problematiche che sono ad alto rischio e ad alto costo per la società. Queste famiglie sono anche caratterizzate dalla difficoltà ad essere raggiunte per poter proporre un intervento organico. Le loro peculiarità sono dovute a fattori plurimi spesso confusamente espressi e comunque border line. La gravità della loro situazione è spesso mal recepita non solo dalla famiglia stessa che ha un forte codice di visione interpretativa della vita, ma anche dalle strutture per la difficoltà dovuta alle categorizzazione degli interventi specialistici che richiederebbero più di una competenza. In queste condizioni chiaramente gli strumenti psicosociali consueti e collaudati non sono sufficienti ed è necessario cambiare metodo operativo.

I rischi di questa soluzione di pratica corale dell'accoglienza sono tutti annoverabili nel sistema gestionale: famiglie difficili da raggiungere e difficili da curare; difficile governo di conflitti tra famiglie e operatori; difficoltà ad aprirsi per timore di diniego, ostilità e segretezza; possibilità di aumento di resistenze al “cambiamento”, aumento di professionisti coinvolti, con molteplici opinioni, paralisi operativa e spesa sociale elevata.

I vantaggi teorici sono altrettanto evidenti e tutti giocati sul confronto tra pari e sul far nascere un senso di appartenenza e di non solitudine che permette un affrancamento sociale.

Pur essendo in Italia i progetti “Famiglie che aiutano famiglie” ancora in fase sperimentale, esistono forme più spontanee e leggere che hanno avuto un'applicazione di costante presenza su tutto il territorio nazionale. Esse nascono spesso come declinazione di differente metodo di accoglienza solitamente affrontato da famiglie esperte già con un passato di forme di accoglienza (affido, adozione, volontariato familiare). Queste forme che nascono in effetti da un volontariato spontaneistico sono state accolte da alcuni servizi come forme possibili e seguite istituzionalmente. Solitamente fanno capo a situazioni logistiche già presenti (sedi di ex collegi e di fondazioni di aiuto a famiglie e minori) che si sviluppano con forme di applicazione adatte ai bisogni del territorio e quindi possiedono la flessibilità di andare incontro alle necessità di quel particolare territorio facendo leva sul volontariato dei singoli e delle associazioni e determinando una possibile risposta a problematicità familiari per le quali i servizi sociali possono farsi carico solo con costi di gestione molto elevati.

gea 200x120 blue

La GEA Società Cooperativa Sociale è una Cooperativa Sociale di tipo “A” (L.381/91), finalizzata alla gestione dei Servizi Socio – Sanitari ed Educativi.
Nasce a Bari–Palese nel giugno 1984 e nei diversi anni di attività ha sviluppato nell’ambito dei territori d’intervento, una rete socio–assistenziale ed educativa territoriale, sia con ...
Leggi tutto...