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Premessa

Prima di iniziare a dipanare gli aspetti pratici dell'accoglienza, è bene definire lo strumentario minimo necessario ad affrontare i problemi della quotidianità dell'accoglienza e della vita familiare. A questo proposito la letteratura scientifica è sterminata1, tanto da essere poco leggibile per chi non è specialista e vuole semplicemente fare un buon uso delle conoscenze scientifiche. Di fronte a questo mare di sapere, come in tutte le cose d'oggi, è opportuno applicare una scelta di buon senso pratico che non escluda la conoscenza approfondita, ma non indulga in essa narcisisticamente2.

Ogni genitore deve trovare un proprio punto di partenza conoscitivo umile, ma consapevole, perché nessuno lo può veramente surrogare nella sua missione: dare significati affettivi e cognitivi a suo figlio. Per compiere questa impresa, scritta nella memoria del tempo, non sono necessari strumenti culturali particolari, ma si deve usare conoscenza ed esperienza con oculata capacità di scelta e di intervento. Il genitore moderno deve avere una conoscenza generalista, ma al contempo deve avere la capacità di approfondire i problemi quotidiani con rapidità. Deve avere dimestichezza con tutte le conoscenze pratiche di cura, ma deve anche essere capace di fare leva sulla costruzione degli affetti e sulla capacità di mettere a frutto l'esperienza che vive giorno per giorno. Tutto questo nella consapevolezza che si può essere ottimi genitori anche senza aver studiato, senza essere colti, senza essere psicologi, senza essere pedagogisti.

Certo oggi è più difficile applicare quel “secondo natura” che proveniva dalla lunga cultura familiare delle famiglie patriarcali. Una volta una giovane mamma sapeva già praticamente tutto dell'allevamento dei figli perché aveva visto accudire i suoi fratelli più piccoli, li aveva accuditi lei stessa, aveva imparato dall'esempio di mamme e nonne. Oggi questo contesto familiare non esiste più ed è quindi necessario rivolgersi a letture che facciano comprendere la realtà del bambino nella famiglia, a scuole per imparare come fare (dai corsi premaman a quelli per genitori), ma soprattutto bisogna avere la capacità di imparare dalle proprie esperienze avendo cura di non sbagliare troppo e di rimediare in caso di errore3. Come si può capire non esiste una formula, un modello da applicare come tale, né esistono specialisti o depositari del sapere che ti possano dire come fare (semmai suggerire...).

Nella società contemporanea, che ha perso tante conoscenze di esperienza familiare, ci si deve porgere alla genitorialità di accoglienza avendo ben presente cosa si sta facendo, avendo chiaro quanto si è disposti a spendere, avendo ben presente quali strumenti si devono usare, ma anche quali strumenti si potrebbero usare. Come in ogni condizione del contesto sociale moderno si deve soprattutto sapere come muoversi senza peraltro avere la conoscenza di tutto. Questo è il sapere olistico e sincretico esplorato in chiave moderna da molti filosofi, psicologi, pedagogisti4.

Quanto detto può essere immaginato in uno schema di relazione che si basa sul concetto olistico-sincretico dei saperi sulla famiglia (una espressione difficile per dire una cosa semplice: avere la percezione di “a che cosa serve” prima di avere la conoscenza dei singoli dettagli).


Lo sviluppo ecologico della famiglia

Negli ultimi decenni hanno preso avvio numerose ricerche5 rivolte sia ai sistemi sociali all'interno dei quali l'individuo è inserito (la famiglia), sia all'ambiente fisico che fornisce opportunità e vincoli (la casa, il quartiere, la città, la regione ecc.). Questi studi hanno dimostrato che nella famiglia ogni individuo è un soggetto sociale inserito in un microsistema che fa parte via via di sistemi più complessi tra loro legati da relazioni in un rapporto di reciproca influenza (contesto a struttura ecologica).

L'approccio allo studio ecologico della famiglia ha determinato lo sviluppo di considerazioni a cascata che hanno portato ad un esplorazione minuta della relazione persona/ambiente. Tra queste è opportuno ricordare il lavoro di Minuchin6. Questo autore ha ridefinito il sistema famiglia considerando anche i sottosistemi o “oloni”: tra i componenti del nucleo familiare si possono creare oloni specifici in base alle funzioni e ad interessi comuni (ad es. moglie/marito, madre/figlio, fratello/sorella ecc.). Si viene così a formare una struttura multifunzionale con differenti livelli gerarchici ciascuno con sue regole relazionali. In questo sistema articolato ed evoluto, ogni individuo può appartenere a diversi sottosistemi, nei quali la persona mette in atto modalità diverse di relazione adattandosi per raggiungere quella reciprocità che rende possibile la comunicazione all'interno del sottoinsieme. Per Minuchin, quindi, una famiglia è un sistema che opera tramite modelli transazionali essendo costituita dall'insieme di richieste funzionali invisibili che determinano i modi in cui i diversi componenti interagiscono.

Sulla base di questi studi oggi si considera fondamentale per il benessere della famiglia che i confini fra sottosistemi (oloni) siano chiari e riconoscibili da ciascun membro del nucleo familiare. Pertanto, in ogni famiglia la chiarezza dei confini è parametro di valutazione del suo funzionamento. In relazione a questo, ogni famiglia, come ogni sistema ecologico, è soggetta sia ai cambiamenti evolutivi interni dei suoi componenti e dei sottosistemi, sia alla necessità di costoro di adattarsi al contesto sociale esterno al sistema considerato. In altre parole, la capacità flessibile di rispondere a sollecitazioni esterne ed interne esige una costante trasformazione ed interazione dei componenti della famiglia, i quali possono così subire le loro trasformazioni evolutive in un sistema che si modifica armonicamente nella continuità di tutte le sue componenti.

Questo significa anche che i cambiamenti nell'ambiente possono portare a cambiamenti negli individui se sono adeguatamente sostenuti per migliorare il setting7, ma anche, con gli studi classificatori di Bronfenbrenner8 che lo sviluppo individuale è influenzato da quattro sistemi ambientali che si distinguono sulla base del loro rapporto diretto con l'individuo in via di sviluppo.

Nel suo complesso ecologico il microsistema famiglia rappresenta il primo ambito relazionale essenziale per favorire il benessere dell'individuo e per regolare le relazioni con l'esterno e con gli altri contesti all'interno di una rete sociale (mesosistema) informale. Quest'ultima permette l'interazione con persone in setting differenti; essi possono far parte della famiglia estesa o di diversi gruppi sociali legati al tempo libero, al lavoro, ecc. Le reti sociali del mesosistema favoriscono la valorizzazione del sé, mobilitando strategie di coping e di adattamento alle quali consegue un adeguato feedback.

I supporti formali e professionali forniscono l'insieme di risorse disponibili quali quelle delle organizzazioni educative e sociali (scuola e figure professionali). Infine le politiche sociali e gli aspetti culturali che rappresentano gli elementi macro-sociali che influenzano il funzionamento della famiglia. All'interno di questa impostazione di studio si può parlare anche di ecologiadella genitorialità, soprattutto rispetto all'influenza di fattori, quali etnia/cultura, status socio-economico della famiglia e contesto comunità/vicinato9.

Consideriamo ora in prospettiva ecologica le relazioni che nascono e su cui si fonda il bambino in affido eterofamiliare. In Grosso modo abbiamo tre grossi blocchi d'ambito che gravano sul bambino: la famiglia naturale, i servizi sociosanitari, la famiglia affidataria. Ogni ambito costituisce un microsistema a se stante ciascuno avvolto da un suo mesosistema e da un macrosistema più complesse articolazioni di sottosistemi (oloni). Ogni sistema pensa di operare al meglio per il soggetto interessato (il bambino), ogni microsistema ha suoi condizionamenti determinati da come si manifestano i ruoli (specificità significativa, competenza e professionalità), da come si instaurano le relazioni interpersonali, dalla natura dell'ambiente fisico ed infine dalla qualità delle transizioni ecologiche che si verificano tra i soggetti dello stesso ambito (es. tra padre e madre; tra assistente sociale e psicologo).

Questi legami dovrebbero avere un elevato livello di considerazione e lealtà reciproca, ma nella realtà possono venire minati da derive di pensiero non facilmente governabili soprattutto da parte di chi è in una posizione “forte”. Ad esempio, la famiglia naturale dovrebbe essere aiutata a percepire la propria difficoltà e la necessità di essere sostenuta nel ruolo genitoriale, ma al contempo non si deve far percepire, o peggio esprimere, un giudizio morale negativo da parte dell'operatore o della famiglia affidataria10.

Si consideri ora il quadrilatero costituito da famiglia naturale, bambino, famiglia affidataria e servizi. La sua forma può essere più o meno regolare, ma può anche dilatarsi quando le frecce in grassetto hanno lunghezze differenti. In una situazione di buona prassi dovrebbero avere una forza simile. È una condizione ideale perché significherebbe che tutte le quattro componenti, consapevoli dei loro limiti e delle loro qualità, riescono a mantenere in un equilibrio ecologico corretto sia la situazione specifica sia il retroterra costituito da ciascun mesosistema e macrosistema in cui si trovano ad operare. Basta uno stress con un nuovo evento nel microsistema di riferimento o un evento del macrosistema (cambiamento di una legge o di un disposto regionale) per determinare una differente geometria del quadrilatero.

Non solo, anche il tempo gioca una relazione importante nelle geometrie dell'affido. All'inizio, se consideriamo la prospettiva del bambino, l'importanza percepita è basata sugli operatori perché in essi trova sfogo alle sue ansie. La famiglia affidataria è vista come un qualcosa di pericoloso o comunque di misterioso che, se da un lato lo stimola, dall'altro lo atterrisce dovendo affrontare l'ignoto.

Quando l'affido è invece consolidato, pur mantenendo ottimi rapporti con la propria famiglia naturale, il bambino ha imparato a distinguere cosa può avere in termini di soddisfazione dei suoi bisogni da parte della famiglia affidataria e cosa può avere dalla sua famiglia naturale in termini di risorse residuali. Il servizio psicosociale viene via via ritenuto l'elemento che governa e risolve le sue ansie e lo porta a certezze di riferimento. In questo caso il quadrilatero avrà uno spostamento verso la famiglia affidataria. Tuttavia, se questo spostamento è troppo marcato esiste il rischio di rifiuto della propria famiglia naturale (ovvero bisogna dissuadere il bambino dal confronto e dalla valutazione globale, ma stimolarlo a soppesare le differenze).

Abbiamo sinora ragionato in due casi estremi ed abbiamo inserito alcune delle molte variabili possibili. La significatività (o qualia) del bambino sarà governata nel contesto ecologico del sistema che ruota attorno alla sua percezione di quello che gli sta succedendo.

La generalità di questo approccio è sottolineata anche dal fatto che si potrebbero o si dovrebbero svolgere analisi di conteso frequente anche focalizzando l'attenzione di microsistema sulla famiglia naturale, sulla famiglia affidataria e anche sui servizi. Qualcuno potrebbe obiettare, ma cosa c'entrano i servizi? In effetti, ma avremo modo di ragionare successivamente, anche i servizi non sfuggono a questa logica di analisi perché le loro azioni non sono frutto solo di una asettica professionalità e competenza, ma sono governati da micro- e meso-sistemi che condizionano l'operatore direttamente (la sua situazione personale familiare, il rapporto con gli altri colleghi, la disponibilità di risorse umane e di spesa del servizio, il comportamento del tribunale dei minori ecc.) o indirettamente (le politiche comunali, provinciali, regionali sull'affido o le stesse leggi nazionali). Quindi anche il contesto ecologico di sistema degli operatori può subire condizionamenti che si riversano sugli assistiti.

Affrontiamo ora, seppure in modo schematico una esemplificazione della applicazione dei presupposti ecologici per quanto riguarda il bambino all'inizio dell'affido. In questo caso focalizziamo che il bambino è l'individuo che vive nel contesto del suo microsistema familiare dove le relazioni sono state, per quanto depauperate, per lui altamente significative.

Come sappiamo il bambino percepisce il disagio, ma non riesce a costruire le cause del disagio stesso, magari lo vive con senso di colpa, magari si costruisce una sua nicchia di sopravvivenza. I suoi elementi significativi nel microsistema sono indubbiamente madre, padre e fratelli, nel mesosistema si collocano gli altri componenti familiari parentali che vanno a costituire la prima cerchia esterna rispetto al microsistema famiglia. In progressione esterna abbiamo dapprima tutto quanto lo vede direttamente coinvolto e nell'estremo esterno quanto lo coinvolge indirettamente, e che quindi deve subire. La famiglia affidataria si colloca come un cuneo che attraversa trasversalmente il suo mondo determinando una finestra di visione non solo collocata nella sfera del suo originario microsistema, ma in tutti gli altri riferimenti diretti.

Questo determina un cambiamento non solo di contesto fisico, di ruolo, di relazioni interpersonali, ma un vero macrosistema in cui è accolto che si modificherà con lui: la famiglia affidataria gli fornirà gli elementi che gli mancano alla sua crescita personale e lui fornirà alla famiglia affidataria elementi di cambiamento che coinvolgerà tutto il sistema familiare.

Dopo un certo periodo di attuazione del distacco dalla famiglia naturale, se il trapianto è avvenuto con buona prassi e buon fine, il bambino ha cambiato gli orizzonti e si trova collocato in una dimensione differente: attua un doppio rapporto diadico (madre naturale-figlio; madre affidataria-figlio; padre naturale-figlio; padre affidatario-figlio). Ma non solo ha spostato la prospettiva essendo divenuta la famiglia affidataria il proprio microsistema e la famiglia naturale una appendice sospesa, marsupiale nella quale si rifugia per operare i controlli necessari al mantenimento dei rapporti diadici, ma anche dei rapporti di confine tra gli oloni dei mesosistemi diretti e indiretti.

In questa condizione sperimenta una crescita di autostima e di capacità di governo della situazione che, dopo un noviziato di confusione quasi inevitabile, dato che deve imparare a vivere con due mamme e due papà, lo porta ad una maggiore autonomia e ad una maggiore possibilità di reinserimento nella sua famiglia naturale (quando possibile), o (se non possibile) al passaggio all'adozione.

La famiglia affidataria ha un sistema di relazioni ecologicamente complesse. Il bambino accolto determina uno spostamento non solo sul piano pratico, logistico, ma anche di senso coinvolgendo la famiglia in un processo molto rimodellante costituito soprattutto dalla relazione con i servizi psicosociali e con la famiglia naturale. Questo sistema all'inizio è molto destabilizzante, ma è sorretto dalla motivazione; poi subentra una consapevolezza più pacata e fattiva tra servizi e famiglia naturale. Anche l'operatore psicosociale nell'esercizio professionale si deve confrontare con un sistema relazionale di tipo semi-ecologico.

La grande difficoltà dell'operatore, ma anche della famiglia affidataria, è la tendenza umana a porsi al centro del sistema relazionale, personalizzando il servizio o la cura resa. Al centro, sempre e comunque, dev'essere il bambino perché la famiglia affidataria e il servizio devono essere strumenti per realizzare il bambino e non per realizzare se stessi. In altre parole la loro realizzazione personale deve avvenire attraverso il bambino e non sul bambino.


Lo sviluppo cognitivo del bambino

Lo sviluppo psicologico ha un valore fondamentale nella vita delle persone. Gli studi su cui si basa modernamente questa disciplina prendono origine dai lavori di Piaget11 secondo il quale il bambino adotta scelte logiche diverse a seconda delle fasi della vita. Individuò due processi principali: quello di assimilazione che il bambino attua inserendo dati nuovi in uno schema pre-esistente, e quello di accomodamento che attua modificando i dati degli schemi percettivi. Piaget ha sottolineato come questi due processi siano continui nello sviluppo dell'intelligenza e siano processi di auto-arricchimento che si evolvono attraverso lo sviluppo di stadi funzionali: stadio dell'intelligenza senso-motoria (dalla nascita a 2 anni); stadio dell'intelligenza intuitiva o pre-operatoria (dai 2 ai 7 anni); stadio del pensiero operatorio (dai 7 anni in poi).

Il pensiero di Piaget rimane dominante, con successive integrazioni, sino agli studi di Bowlby12 che spiegano l'attaccamento del bambino con risposte istintuali raggruppate in cinque modelli di comportamento di sopravvivenza: succhiare, aggrapparsi, seguire, piangere, sorridere. Bowlby osservò che l'attaccamento si sviluppa nei bambini attraverso il riconoscimento e l'interazione, avendo come fine quello di garantirgli la protezione. Il comportamento di attaccamento viene poi elaborato durante tutta la vita attraverso sistemi psicologicamente più elaborati, ma parte dal comportamento del neonato13. Questa materia ha oggi raggiunto elevate possibilità di analisi soprattutto con l'uso di metodi psicometrici che per la loro natura specialistica si lasciano alla professionalità di psicologi e neuropsichiatri.

Lo sviluppo emotivo del bambino

Di pari passo alla crescita cognitiva nei bambini si attua la maturazione emotiva. I passi di questo cammino sono dimostrati dai bisogni affettivi: una esigenza confermata dal bisogno di carezze, di attenzioni che sanciscono il suo diritto ad esistere14.

L'uomo nasce in un rapporto psicologicamente simbiotico con la madre prima e con le altre figure poi. Se durante il suo sviluppo non ha modo di risolvere in maniera soddisfacente questi rapporti può sviluppare la tendenza a stabilire relazioni di passività con gli altri, anche successivamente nella sua vita adulta. Bisogna considerare che la personalità adulta è un insieme percettivo, concettuale, emotivo e di azione che ha radici profonde risalenti all'infanzia. L'identificazione del sé nell'attaccamento a se stesso diviene assertività e attaccamento all'altro: due motori importanti del vivere emotivo rispondenti alle domande “chi sono” e “come sono”.

Si vuole sottolineare soprattutto il forte legame tra genitori e bambino e il valore che può assumere l'accoglienza familiare in tutte le età del minore. Solitamente, quando possibile o quando necessario, sarebbe bene realizzare l'inizio dell'accoglienza etero-familiare in età prescolare. Senza dubbio l'età biologica e l'età psicologica del bambino hanno una grande importanza per determinare il momento del “trapianto” e la tipologia dell'abbinamento bambino-famiglia accogliente. In questo passaggio è opportuno che i genitori abbiano la migliore conoscenza possibile del bambino anche del suo grado di sviluppo emotivo.

Appare chiaro quanto sia rilevante la presenza di una madre nei primi mesi di vita, e quindi è fondamentale non istituzionalizzare il neonato. Il valore dell'accoglienza familiare come atto genitoriale sostitutivo trova sostegno in tutti gli studi sullo sviluppo emotivo, ma ancora oggi, troppo spesso, trovano poco ascolto in alcuni Servizi sociali pubblici e privati. Basti ricordare l'opera caritatevole dei brefotrofi e degli orfanotrofi, ma anche la loro negatività per lo sviluppo dei bambini. Purtroppo ancora oggi, in virtù di necessità talora di meschino vantaggio organizzativo, si accetta l'esistenza di gruppi di appoggio o di case famiglia non bene strutturate funzionalmente sulla figura del bambino, ma sulle esigenze di opportunità del servizio.

Le tappe evolutive del comportamento sociale del bambino

Le teorie psicologiche sociali considerano l'uomo un prodotto della società in cui vive, ovvero il risultato di complessi meccanismi interiori e di scambio esteriore. Dal confronto delle loro teorie psicosociali ci si rende conto sia della complessità del bambino in formazione sia delle attenzioni che il genitore accogliente deve avere per portare all'autonomia il minore accolto.

Le tappe cronologiche sono del tutto arbitrarie poiché come è noto è difficile stabilire l'età massima in cui può instaurarsi un evento di sviluppo. Ne è un esempio paradigmatico il momento in cui nel bambino si instaura l'attaccamento. Se verso la fine del 3° mese non si è verificato l'attaccamento alla madre, il bambino avrà probabilmente delle difficoltà nei rapporti sociali quando diverrà più grande. Bowlby15 ritiene che il periodo critico si estenda sino all'anno di età, sebbene per altri Autori eccezionalmente il bambino può arrivare ad avere un periodo critico esteso sino a 3 anni16. Come si vede le opinioni sono ancora diverse ma tutte sottolineano quanto questo processo sia articolato e complesso e abbia bisogno di attenzione sia per generarlo, sia per custodirlo nell'ambito dei rapporti familiari.

Nel caso del bambino accolto il problema diviene più complesso poiché avverrà, se piccolo, la sostituzione di una figura materna con un'altra, e se è grandicello la sovrapposizione di una figura genitoriale con un'altra. I punti salienti delle tappe evolutive del comportamento sociale del bambino sono scandite dalla nascita dell'attaccamento, dalla paura della separazione, dall'egocentrismo e dalla nascita e sviluppo della socializzazione.

Un punto importante è stabilire quando e quanto un bambino può essere sociale. Normalmente si ritiene che l'età in cui il bambino è capace di discriminazione tra la madre e gli altri oscilli tra i sei e gli otto mesi. Questo evento avrà un ritardo nel caso di un bambino accolto specie se sino a quell'età è stato istituzionalizzato e quindi ha avuto cure di persone diverse. Egli avrà minore possibilità di discriminare tra il volto “materno” e quello di un estraneo. Questo indurrebbe a pensare che in questi bambini sia inevitabile un deficit di socialità nelle prime fasi della loro vita.

Nel complesso delle situazioni che determinano la formazione della personalità dalla nascita all'età adulta, di rilievo è lo sviluppo delle motivazioni. La motivazione è sempre stata considerata come una componente dipendente legata al soddisfacimento di un bisogno o di una carenza. Maslow17 per primo contrappose a questa spiegazione la motivazione indipendente in cui si ha un soddisfacimento dilatorio: solo quando i bisogni fondamentali sono stati soddisfatti si possono prendere in considerazione i bisogni di ordine immediatamente superiore. Maslow propose una gerarchia di cinque gruppi motivazionali, ognuno dei quali può lasciare spazio al gruppo successivo solo dopo il proprio soddisfacimento: bisogni fisici, di sicurezza, d'amore, di stima, di autorealizzazione.

Si può facilmente dedurre che è necessario porre attenzione allo sviluppo psicologico motivazionale della personalità del bambino accolto. La sua età biologica non sempre corrisponde alla sua età psicologica. Inoltre, il mancato soddisfacimento di alcuni bisogni nei tempi cronologici e la confusione della loro proposizione all'inizio dell'accoglienza rendono il bambino incerto e sfasato. Il compito della famiglia accogliente è di individuare questi bisogni in modo semplice e paziente andando incontro ai ritmi anche lenti di cui il bambino ha bisogno per raggiungere attraverso tappe la realizzazione della sua personalità.

In famiglia questa attenzione particolare si ha spesso naturalmente ed empaticamente. Se si nota che un bimbo ha difficoltà lo si aiuta con maggiore dedizione, anche a costo che i figli più grandicelli critichino questo comportamento con un “però con me non facevi così”. Per “correggere” lo sfasamento dello sviluppo cronologico e psicologico è necessario essere pazienti e seguire i tempi del bambino. Talora i genitori cadono nella trappola degli stereotipi che possono anche essere indotti dai comportamenti di specialisti (pediatri, insegnanti) o dalla lettura delle tabelle sullo sviluppo come quelle prospettate sopra. Bisogna sempre tarare le tabelle al bambino che si ha davanti e non tarare il bambino alle tabelle. Entro certi limiti, questo ragionamento è valido, ma assume maggiore importanza nell'inserimento di un bambino accolto.

Non meno rilevante è l'attenzione nel processo di identificazione del bambino nella nuova realtà di accoglienza. Anche in questo caso il processo deve essere seguito dalla famiglia accogliente con pazienza e dedizione di cura ricordando le otto caratteristiche supplementari del processo di identificazione dei bambini di Erikson18. Queste fasi di acquisizione dell'identità si esprimono fortemente in sequenza nel bambino anche se i genitori offrono segnali multipli nel complesso di cura. Questo significa che la mamma nel lavare in modo amorevole il bambino determina segnali multipli: gli infonde fiducia, determina la relazione tra lei e il corpo del bambino, e poiché il lavare è un evento ripetuto determina rafforzamento e coerenza dell'esperienza nel bambino verso la percezione dell'identità materna. Tutti questi segnali, tuttavia, vengono acquisiti dal bambino non assieme, ma in sequenza, uno alla volta, in relazione all'età e al suo grado di identità (si parla di apertura e chiusura di finestre di apprendimento durante lo sviluppo temporale e psicologico del bambino)19.


Fonti

  1. Per una rapida visione di sintesi si veda: Benesch H. (1997), Atlante di psicologia, Sperling & Kupfer, Milano.
  2. Furedi F. (2008), Il nuovo conformismo. Troppa psicologia nella vita quotidiana, Feltrinelli, Milano.
  3. Bein Ricco E. (a cura di)(1997), Nuovi volti della famiglia: tra libertà e responsabilità, Claudiana, Torino; Donati P., Di Nicola P. (2002), Lineamenti di sociologia della famiglia, Carocci, Roma.
  4. Per una visione d'insieme si veda: Hewstone M., Stroebe W., Jonas K, Voci A. (2009), Introduzione alla psicologia sociale, Il Mulino, Bologna; Amerio P. (2007), Fondamenti di psicologia sociale, Il Mulino, Bologna.
  5. Per approfondimenti della letteratura si veda: Santinello M., Dallago L., Vieno A. (2009), Fondamenti di psicologia di comunità, Il Mulino, Bologna; Migliorini, L., Rania, N. (2008), Psicologia sociale delle relazioni familiari, Laterza, Roma-Bari; Casonato, M., Ruffetta, C. (2003), Ecologia dell'affido, Quattroventi, Urbino; Prezza, M., Santinello, M. (a cura di)(2002), Conoscere la comunità, Il Mulino, Bologna.
  6. "Ogni sottosistema familiare ha specifiche funzioni e fa specifiche richieste ai suoi membri: lo sviluppo delle capacità interpersonali, raggiunto in questi sottosistemi, è affermato nella libertà che ogni sottosistema ha rispetto all'interferenza da parte degli altri”. Minuchin, S. (1976), Famiglie e terapia della famiglia, Astrolabio, Roma, p. 57.
  7. McLaren, L., Have, P. (2005), Ecological Perspective in Health Research, Journal of Epidemiology and Community Health Research, 59, pp. 6-14.
  8. Bronfenbrenner, U. (1986), Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna.
  9. Qui ci si riferisce agli studi sui fattori contestuali e sui modelli sistemici nelle ricerche di interfaccia della famiglia. Per approfondimenti si veda: Kotchick, B.A., Forehand, R. (2002), Putting Parenting in Perspective: A Discussion of Contextual Factors That Shape Parenting Practices, Journal of Child and Family Studies, 11, (3), pp. 255-269; Sluki, C.E. (2007), Interfaces: Toward a New Generation of Systemic Models on Family Research and Practice, Family Process, 46, (2), pp. 173-184.
  10. Le derive in campo psicosociale sono spesso molto più sottili (e devastanti) di quelle di ambito medico, e si può affermare che originano essenzialmente da uno scarso coinvolgimento dell'operatore psicosociale. Un esempio per tutti: mentre l'oncologo inconsciamente sa che il tumore che cura nel paziente può colpire anche lui, la situazione patologica di un genitore inadeguato non coinvolge più di tanto l'operatore socio-sanitario perché è convinto che a lui non capiterà mai quel genere di problema. Questo tema di grande fascino è stato trattato più volte nella letteratura psicoanalitica, ma mi piace qui ricordare il recente e intrigante libro di Simona Argentieri: Argentieri S. (2008), L'ambiguità, Einaudi, Torino, pp. 4-5.
  11. Per una base di sintesi dei lavori di Piaget si veda: Piaget J, Inhelder B. (1970), La psicologia del bambino, trad. it., Einaudi, Torino.
  12. Studi condotti dalla fine degli anni “60 e riportati in: Bowlby J. (1989), Una base sicura, trad. it., Cortina, Milano.
  13. L'attaccamento ha chiaramente una base biologica, come dimostrato dall'analisi del suo opposto, la separazione. L'elaborazione della separazione passa attraverso fasi stereotipate: protesta, rabbia, disperazione, tristezza, distacco, rassegnazione. Bowlby J. (2000), Attaccamento e perdita, trad. it., Bollati Boringhieri, Torino.
  14. Si vedano soprattutto i lavori di Spitz e di Winnicott che costituiscono l'ossatura metodologica per affrontare il problema dei minori accolti. Spitz R. (1989), Il primo anno di vita. Studio psicoanalitico sullo sviluppo delle relazioni oggettuali, trad. it., Armando, Roma; Winnicott D. W. (1987), I bambini e le loro madri, trad. it., Cortina, Milano; Winnicott D. W. (1997), Bambini, trad. it., Cortina, Milano.
  15. Bowlby J. (1978), Attaccamento e perdita, vol. 1,2,3, Boringhieri, Torino.
  16. Carone Craig A. R., Martino V. (2001), Psicologia generale e clinica, Piccin, Padova.
  17. Maslow A. H. (1973), Motivazione e personalità, trad. it., Armando, Roma.
  18. Fiorelli F. D. (2007), L'identità tra individuo e società. Erik H. Erikson e gli studi su io, sé e identità, Armando, Roma.
  19. Ecco perché è importante che ad accudire il bambino sia in prevalenza la madre e non “tate” sempre diverse.

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La GEA Società Cooperativa Sociale è una Cooperativa Sociale di tipo “A” (L.381/91), finalizzata alla gestione dei Servizi Socio – Sanitari ed Educativi.
Nasce a Bari–Palese nel giugno 1984 e nei diversi anni di attività ha sviluppato nell’ambito dei territori d’intervento, una rete socio–assistenziale ed educativa territoriale, sia con ...
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