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Gli strumenti di Base - 2. Strumenti: relazione genitori/figli

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2. Strumenti: relazione genitori/figli

Se è vero che la famiglia si struttura con regole, è altrettanto vero che le relazioni tra i componenti familiari si esprimono mediante strumenti comunicativi verbali e non verbali. Vediamo le peculiarità di alcuni strumenti tra i più significativi:

Le risposte possibili. Sono quelle che prendono corpo intorno a temi definiti e riconoscibili. Su questi argomenti i figli sono incerti e curiosi, mentre il padre (madre) cercano di trasferire conferme rassicuranti. Questi dialoghi sono generalmente strutturati intorno ai dati di una esperienza già codificata ed esprimono una relazione intima densa di emozioni anche contraddittorie. Un esempio classico i dialoghi su l’amore e la relazione tra i sessi.

Le risposte impossibili. Sono quelle che il padre (la madre) è chiamato a dare quando il figlio si incontra con un evento illogico, non comprensibile del tipo: perché ci si ammala, perché si muore. Il figlio innesca le domande sulla base delle premesse dalle quali è stato educato a partire e coglie le contraddizioni (ma se io devo procedere per il bene perché sono tanti che procedono per il male!); dal figlio viene sperimentato come un incidente di cui con il il ragionamento tenta di controllare la pericolosità. Le risposte impossibili danno luogo a dialoghi brevi, incerti, inevitabilmente incompleti. Segnalando il disorientamento dei genitori e dei figli di fronte a quella che è comunque una sconfitta della ragione.

Le esperienze importanti. Appartengono al figlio. Vengono raccontate ad un genitore che può fare appello, per aiutare l’elaborazione, solo alla sua capacità di ascoltare e di conversare. A questa categoria appartengono ad esempio il cambiamento di lavoro, il cambiamento di partner, il cambiamento di religione, la decisione improvvisa di andare a vivere da soli. In questi casi i genitori devono scegliere le parole per fare appello alla loro esperienza e alla loro armonia, ma devono anche controllare l’ansia che potrebbero trasmettere al figlio insicurezza e generare smarrimento.

I metaloghi. Sono i dialoghi più complessi che non hanno relazione di tempo e che sono permeati di meta-comunicazioni non verbali. Sono dialoghi che non sembrano tali perché sono sviluppati mentre assieme si fa un lavoro, o mentre si fa la spesa o mentre si è comunque occupati in altre attività, spesso comuni. Un esempio classico è costituito dalle conversazioni in auto dove il luogo costringe a non allontanarsi e al contempo si mettono in atto processi comunicativi liberi con osservazioni che apparentemente non c’entrano nulla, ma che assieme servono a costruire la globalità della comunicazione, abitualmente, a livello non verbale. Nei metaloghi i silenzi sono pieni di comunicazione di sentimenti nei quali si ha insieme consapevolezza e nostalgia se il tempo, la furia degli eventi o la cecità degli affetti non ne hanno impedito lo sviluppo. I metaloghi sono processi magici in cui si accordano gli strumenti dell’affetto e dei sentimenti nei quali miracolosamente si scrive in modo indelebile lo sviluppo dell’educazione ai sentimenti e all’appartenenza.
Se queste quattro situazioni si verificano nella nostra famiglia con una certa frequenza possiamo dire che il tessuto familiare è solido e le espressioni di ruoli, responsabilità e armonia vengono recepite. Questo determina che la famiglia non sia coabitazione di individui autonomi, ma un unico corpo in cui le singole individualità autonome trovano espressione di valore aggiunto e non di limite.

La responsabilità genitoriale sinteticamente si racchiude in tre parole: attenzione, regola, affetto. Tre parole distinte, che appartengono tutte alla stessa radice, la relazione. L’attenzione non è interventismo, ma stare davanti, qualcuno che vede i cambiamenti, interpreta i bisogni e i gesti. Soprattutto l’attenzione rafforza i tentativi, perché crescere è fare tentativi. Poi la regola, che è importante perché misura lo spazio, il tempo, consente il posizionamento nel mondo e le relazioni, perché senza regole non ci sono relazioni. Non è soltanto il saper dire dei no, quello è consequenziale, perché se c’è una regola c’è anche una sanzione: ma la regola serve per far crescere. E infine l’affetto, che è il colore della nostra vita emotiva: possiamo discutere per anni di ciò che è necessario perché i bambini stiano bene, ma la cosa essenziale è l’affetto, il fatto che le persone si sentano accolte, che infatti è l’unica spiegazione del fatto che si può crescere bene indipendentemente dai contesti, dall’estrazione sociale e culturale o dal reddito dei propri genitori.

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La GEA Società Cooperativa Sociale è una Cooperativa Sociale di tipo “A” (L.381/91), finalizzata alla gestione dei Servizi Socio – Sanitari ed Educativi.
Nasce a Bari–Palese nel giugno 1984 e nei diversi anni di attività ha sviluppato nell’ambito dei territori d’intervento, una rete socio–assistenziale ed educativa territoriale, sia con ...
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